L’ultima routine di Nia si intitola Shine e ha come focus la pausa.
Potrebbe sembra una contraddizione.
Ma come ? Noi pratichiamo Nia per muoverci. Ci insegnano che il movimento è salute e adesso ci invitano a fare pausa?
Certo! Il nostro corpo funziona in modo ottimale solo quando alterniamo movimento a non movimento, consentendo così a tutti i nostri sistemi di recuperare.
Tutto in natura e in noi stessi ci ricorda che c’è il momento dell’attività e quello della inattività: giorno e notte, inspirazione ed espirazione, così come le stagioni che cambiano ci forniscono una diversa energia.
La “pausa” attiva il sistema nervoso parasimpatico e ci aiuta a rilassarci, centrarci e radicarci.
La pausa consapevole crea uno spazio di riposo tra lo stimolo del movimento e la risposta di fermarsi nell’immobilità, aspettare, percepire e rilassarsi.
Se mi guardo attorno spesso noto che quello che ci manca a volte è proprio la pausa: o siamo in super attività o siamo “spenti”. Senza pausa spesso reagiamo agli eventi e non sempre lo facciamo in modo opportuno.

Spesso passiamo da una attività all’altra senza neanche farci caso, finita una attività ne cominciamo subito un’altra.
Come sarebbe se facessimo sempre un breve stacco ogni volta? Quando iniziamo le lezioni di Nia ci prendiamo sempre un momento per fare “ step in “ e finiamo con “step out”. Potrebbe diventare una buona pratica di vita.

La stessa osservazione si potrebbe fare per gli spostamenti nello spazio. Sicuramente tutti noi sappiamo come ci sentiamo quando un aereo, una nave o anche un treno ci “catapulta” in un paese e una realtà diversa da quella consueta.

Quando ero piccola mi divertiva il fatto che quando viaggiavamo con i miei fratelli e le mie sorelle stipati in macchina o in treno mio padre ci teneva costantemente informati su tutti i passaggi di località.
“Ecco, adesso siamo in Romagna!”
“Adesso siamo in provincia di Ravenna.”
“Adesso siamo ai Lidi Ravennati “
“Adesso siamo a Casal Borsetti.”
“Adesso siamo al nostro campeggio! “

Noi figli ascoltavamo oscillando tra un senso di compatimento per nostro padre che si accollava questo insolito compito e la chiara percezione del distacco dal nostro punto di partenza che ma in accresceva la nostra gioia e l’attesa dell’avvicinarsi alla ambita meta del nostro campeggio.

Ho riflettuto su questo durante il mio viaggio di ritorno dalla Scozia.
Mi sono data come focus quello di osservare ogni passaggio e fare una brevissima pausa, anche solo di un respiro per registrare le tappe del mio viaggio.
Mi sono soffermata un attimo prima di lasciare la camera dove ho dormito durante il soggiorno, poi mi sono guardata attorno prima di uscire dala casa dei miei amici, ho osservato bene la piccola e caratteristica stazione di Burntisland, sono scesa e ho percorso lentamente le scale che mi conducevano alla fermata del bus ad Invekeithing da dove partiva il bus per l’aeroporto di Edimburgo. L’autista dell’autobus, un giovane e corpulento scozzese, mi ha accolto dicendo con un filo di voce che oggi non poteva parlare e che sarebbe stata una giornata dura. Mi ha fatto sorridere pensare che se avesse detto la stessa cosa ad ogni passeggero la sua voce sarebbe sparita del tutto nel giro di pochi viaggi. Arrivata in aeroporto ho cercato di imprimermi tutti i particolari conosciuti e sconosciuti, come il nuovo dispensatore di acqua scozzese che ho molto apprezzato.
Mentre aspettavo ho notato l’impazienza di alcuni passeggeri che si agitavano per essere i primi ad imbarcarsi come se avessero timore di perdere il posto. Prima di salire sulla scaletta ho lasciato che i miei piedi imprimessero un ultimo saluto alla terra scozzese e ho raggiunto il mio posto al finestrino, felice di poter ammirare ancora una volta il paesaggio sotto di me prima di raggiungere le alte quote di volo.
Insomma, così via fino ad arrivare alla stazione di Rimini a notte fonda e decidere di prendere un taxi.
Dopo aver dato il mio indirizzo al tassista e felice di percorrere in relax l’ultimo tratto del mio cadenzato e modulato viaggio, il tassista ha cominciato a raccontarmi che da qualche tempo, forse a causa dell’età, non sente molto bene.
In qualche modo mi è sembrata la conclusione perfetta.
Entrambi gli autisti nei due paesi mi hanno raccontato spontaneamente qualcosa di personale e il fatto mi ha stupito. Mi è sembrato un particolare insolito, quasi un raccordo tra le due realtà.
Forse non avrei notato questa connessione se non mi fossi soffermata su ogni tratta del mio viaggio.
Ringrazio mio padre di avermi insegnato ad osservare ogni cambiamento geografico e non solo!
Adesso ringrazio Shine e la pratica di Nia per ricordarmi di fare una pausa dopo ogni kata e sentire la fine e l’inizio di ogni movimento, così come la fine e l’inizio di ogni lezione, di ogni giornata e di ogni attività.

Vi invito ad assaporare insieme la pausa finale di queste osservazioni.