Abbiamo deciso insieme. Io e le mie due ginocchia. 

In realtà il destro in realtà è ancora restio. Mi chiede se siamo davvero sicuri. A poche ore dall’operazione. 

“Non ti do alcun fastidio, non ti faccio male, faccio tutto il possibile per farti muovere come se niente fosse. Non senti che invece ti fa male il ginocchio sinistro? Che non sia meglio operare l’altro?”

“Certo, ho male perché sono io che porto tutto il carico. Sono io che soffro adesso insieme a tutte le articolazioni di sinistra. Compensiamo e siamo affaticate. Perfino la scapola, il polso, la caviglia di sinistra si sono dovute adeguare e sono doloranti.”

E se lasciassi tutto coì come è ? 

“Non mi dai fastidio solo perché ho modificato pian piano tutta le mie abitudini per salvaguardarti. Non vado in montagna, niente salite, niente passeggiate lunghe, niente scale, niente romantiche arrampicate con vista, niente concerti in piedi. 

Adesso è ora di riprendere la vita senza limitazioni di movimento.”

“Ma quali limitazioni? Fai Nia tutti i giorni, una o due ore al giorno, fai chilometri in bici, nuoti per ore. Gareggi addirittura segretamente con le persone della corsia di fianco, soprattutto se sono uomini. Qualche mese fa hai gareggiato addirittura con un giovane nuotatore e solo alla fine di quella gara immaginaria hai scoperto che aveva le pinne! Ti assecondo come posso.”

A vent’anni  mi credevo fisicamente e psicologicamente  invincibile. 

Credevo di poter far fare al mio corpo tutto quello che desideravo. 

Quando la macchina mi ha investito e la spinta improvvisa mi ha scaraventato a terra ho avvertito un forte dolore al ginocchio. Con finto nonchalance, senza fare una piega, mi sono rimessa in sella allo scalcinato Meteora. Sono ripartita a tutto gas senza degnare l’autista di uno sguardo. 

A tutto gas come potevo fare con Il Meteora che non brillava certo per velocità o eleganza. Emetteva precari scoppiettii e non rendeva affatto onore al suo nome.

Aver ignorato quell’incidente al ginocchio mi è costato costo caro. 

Non ho ascoltato il segnale del corpo e ho continuato imperterrita  la mia strada di giovane indipendente.  Una strada che mi ha portato molto lontano, spinta dalla voglia di conoscere il mondo, le lingue, le abitudini diverse, la gente e che non ne voleva sapere di fermarsi in Via Massarenti. 

E coì ho dovuto conosciuto medici e in particolare modo ortopedici in vari luoghi d’Europa. 

Galles, Coventry, Colonia, Amburgo. Paese che andavo ortopedico che trovavo.

Cambiavo i paesi, trasferendomi per lunghi periodi in realtà diverse. Non cambiavano però le diagnosi. Diagnosi in varie lingue ma tutte concordi: il ginocchio dimostrava sempre trent’anni in più della mia età anagrafica. 

“Quante cose però ti ho insegnato.” 

“Si, ginocchio destro, Quante cose ho imparato da te e con te.”

Sono una  donna terribilmente resistente, cocciuta, permalosa, sbrigativa e pasticciona. Mi fermo qui per pudore, ma potrei dilungarmi ancora per molto.

Venire a termini con una disfunzionalità del mio corpo,  per quanto non veramente invalidante, ha comunque malleato il mio carattere. 

Spesso mi sono sentita invalida. Mi sono sentita giudicata, mi sono sentita sfortunata. 

Poi guardando bene  ho compreso che  tutto partiva da me e solo da me. 

Sono io che mi sento così, non posso accusare  gli altri. 

E così non solo mi sono trasferita e adattata a vari paesi d’Europa, ma ho cominciato anche a trasferire e ad adattare la mia consapevolezza. 

Tutti i percorsi intrapresi per crescere  mi riconducevano allo stesso punto chiave: accettazione del momento, della realtà, del mio essere. 

E così, grazie al ginocchio destro ho affinato l’attenzione, la cura di me stessa, l’arte di vivere più lentamente e assaporare ogni singolo momento anziché consumarlo e sprecarlo in critiche e accuse. 

Ho imparato a  rispettarmi di più e a giudicarmi di meno. Ho faticosamente appreso l’arte dell’accettare e non insistere e forzare le cose. Ho dovuto far dialogare le varie parti di me che volevano prevalere sulle altre e riportare continuamente equilibrio.

È una pratica costante. Non so se riuscirò ad applicarla domani prima e dopo la sala operatoria, ma spero almeno di essere consapevole ed imparziale rispetto alla gestione di  emozioni e dolore.

Ho parlato di nuovo con il mio ginocchio destro e anche lui adesso accetta la realtà. 

Ha detto si. Domani si cambia. Il mio corpo che cambia.